15
AGOSTO,
NOTTE CON I MADONNARI
Ho
contattato per la
prima volta i “Madonnari alle Grazie”
nell’ormai lontano 1987, ovviamente nel
contesto della Festa dell’Assunta quando il Santuario
mariano-mantovano esprime
il massimo della sua connaturale e misteriosa
“vocazione”, che è quella di sprigionare
sempre e per tutti la sua attrattiva simpatica, distensiva e, per dirla
con una
sola parola, familiare. E’ una attrattiva che, a Grazie,
tutti e tutto
compromette, e in qualche modo tutto coinvolge, e tutto e tutti quasi
avvolge
di tenerezza umana, spirituale e, certamente, cristiana.
Da
allora in poi, ho
sempre frequentato il “15 Agosto a Grazie”,
proponendo anzi anticipazioni per
la celebrazione di un primo vespro alla vigilia, e addirittura un
raduno di
preghiera popolare notturna nel prato in riva al Mincio.
Da
un paio d’anni anzi,
risiedendo negli edifici del Santuario, riesco a contattare i Madonnari
anche
di notte, poi al primo chiarore del mattino, alla fine dopo le mie
celebrazioni
camminando tra loro per contemplare le loro opere.
Ovviamente,
anche nella
ricorrenza dell’Assunta il mio posto è
innanzitutto dentro il Santuario. Ma,
uscendo, non vedo confini. Vedo che anche il Sagrato con i suoi
Madonnari,
anche il prato retrostante, anche il Mincio con i suoi fior di loto, e
soprattutto
anche il brusìo umano che in questi spazi si muove e ti fa
compagnia, tutto
diviene un Santuario all’aperto.
Potrei
raccontare, ma
mi perderei in emozioni intrattenibili, alla fine peraltro troppo
personali. Una
sola evidenza posso appena registrare. Quei Madonnari, visti a sera
inoltrata e
lungo la notte, sono come incorporati sugli asfalti del Sagrato. Li
devi
lasciar stare. Sono come in transfer. Alla fine, di buon mattino, quasi
si
ritirano come chi in qualche modo ha finito e decide di lasciar andare
in
libertà la sua “creatura”, esponendola
ai visitatori, e magari anche a un …
acquazzone temporalesco che tutto cancella. Ci credono, peraltro sono
insoddisfatti, ma prevedibilmente torneranno l’anno dopo.
E’
questo che i Madonnari
mi trasmettono nella Festa dell’Assunta. Ed è
quasi una loro parabola che dà
riscontro prezioso alle dimensioni spirituali e cristiane
dell’esistenza umana.
Noi tutti in qualche modo siamo tesi ad esprimere qualcosa di quel
“bello” che
è in noi; ma la tensione al bello va sempre oltre; e, pur
cancellando e
ridisegnando, rimane sempre infinito spazio aperto. E’ la
dinamica di “noi,
pellegrini quaggiù”; è per tutti
energia di assunzione e di ascesa.
+ Egidio
Caporello
cfr.
Prefazione a:
Norberto
PAGLIARI: “Gessetti
a Grazie di Curtatone - Madonnari in Piazza”,
ed. Sometti Mantova, 2009
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