ALTRI
SANTUARI MANTOVANI
MANTOVA BEATA
VERGINE MARIA INCORONATA IN CATTEDRALE

La
Madonna dei voti
(articolo tratto dalla rivista
della "Società di Palazzo Ducale", Anno II, N. 205, Dicembre
1994)


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Il
Santuario, voluto dalla famiglia dei Gonzaga, è stato
disegnato da Leon
Battista Alberti e realizzato dal discepolo Luca Fancelli nel 1460. E'
collegato da un corridoio alla Cattedrale precedente quella attuale,
costruita da
Giulio Romano e terminata nel 1594. Vi si venera un'immagine di Maria
con in
braccio il Bambino Gesù, risalente al 1000 circa, anche se
dell'immagine
originaria rimane poco. Chiamata anticamente S.Maria dei Voti, oggi
è
l'incoronata. Il titolo le è stato attribuito nel 1630,
quando venne costruita
davanti a quest'immagine una Madonna vestita con gli abiti delle dame
di corte
Gonzaga. La solenne incoronazione infatti fu promossa dalla principessa
Maria
Gonzaga che, mentre incombeva il pericolo della rottura degli argini
del
Po, pose sotto la specialissima protezione di Maria i suoi
Stati di
Mantova e del Monferrato.
La
cappella dell'Incoronata è di sitle romanico, con volta
decorata con otto
medaglioni a fresco di Scuola mantegnesca, con archi rotondi non
interrotti da
cornici o capitelli. Alle pareti frammenti di affreschi di Scuola di
Giulio
Romano, una tela di Battista del Moro raffigurante S. Maria Maddalena e
affreschi del '600 attribuiti all'Andreasino. Uno raffigura la Pentecoste
(Maria tra
gli Apostoli), un altro il transito di Maria. Annesse alla Cappella,
all'ingresso, due cappelline laterali in cui si conservano, visibili al
pubblico, i corpi di sei Santi mantovani. L'incoronazione avvenne con
singolare
solennità il 28 novembre 1640.
Solitamente chiamata cappella, di fatto è una chiesa
distinta
dal duomo, nata come Santa Maria dei Voti e oggi Santuario della Beata
Vergine Maria, Incoronata Regina di Mantova. La storia del sito risale
per tradizione a Sant'Anselmo, cui la Vergine avrebbe promesso
protezione per la città, parlandogli da un'immagine
affrescata
lungo il corridoio tra la cattedrale dedicata a San Pietro e la
parallela chiesa di San Paolo. A partire dal 1477 si sparse la voce che
davanti a quell'immagine si ottenessero miracoli: cominciarono allora
ad affluire cospicue offerte votive (di qui il nome di Santa Maria dei
Voti), incrementate nel 1481 in occasione di una disputa teologica
svoltasi alla presenza del marchese Federico I e del popolo. Il
francescano, poi beato, Bernardino da Feltre e il domenicano, poi
generale dell'Ordine, Vincenzo Bandello disputarono sul tema
dell'immacolata concezione di Maria; la giuria decretò la
vittoria di Bernardino, difensore del privilegio, e la decisione fu
densa di conseguenze: tra le altre, il papa Sisto IV emise una bolla a
sostegno del futuro dogma, e in sede locale fu deciso di costruire una
chiesa in onore della Vergine. Con le offerte pervenute, la chiesa fu
subito avviata nell'area dell'antica immagine, anche per valorizzarla
con una più degna collocazione, e ne fu dato incarico
all'architetto di corte, il toscano Luca Fancelli.
Il suo progetto può essere interpretato così: la
sagrestia della cattedrale, esistente da circa mezzo secolo, doveva
essere intesa come la navata di un nuovo tempio, di cui egli
edificò il transetto con la breve abside in cui si trovava -
proprio di fronte alla navata - l'immagine da onorare. Ma la parete di
comunicazione tra il vecchio e il nuovo ambiente non fu abbattuta; il
vecchio rimase sagrestia e il nuovo, spostata la sacra immagine a capo
di quello che doveva essere il braccio destro del transetto, divenne la
nuova chiesa mariana, con accesso dal duomo attraverso il tratto
superstite del corridoio. Successivamente è invece la
cappellina
di sinistra, aperta nell'area della scomparsa chiesa di San Michele (ne
restano tracce nell'adiacente seminario)
voluta da Matilde di Canossa
come mausoleo per il padre, il marchese Bonifacio. Del 1640
è un
episodio che mutò nome alla chiesa. Dopo il saccheggio e la
peste del 1630, che avevano prostrato la città e il suo
territorio, la principessa Maria Gonzaga, reggente del ducato, volle
affidare se stessa, la dinastia e lo stato alla protezione della
Vergine: fatta eseguire un'immagine mobile omologa di Santa Maria dei
Voti, dispose che fosse portata in processione per le vie della
città e solennemente incoronata, nella Basilica di Sant'
Andrea,
come Regina di Mantova. Da allora la chiesa e l'immagine affrescata di
Santa Maria dei Voti furono denominate dell'Incoronata, e ne fu fissata
la festa annuale la prima domenica dopo San Martino (cioè
dopo
l'11 novembre). In questa occasione, ma anche durante il mese di maggio
tradizionalmente dedicato alla devozione mariana, in duomo viene
esposta l'immagine mobile dell'Incoronata, rivestita di sontuosi abiti
seicenteschi. L'anno 1840, secondo centenario dell'incoronazione, la
chiesa fu sottoposta a un consistente intervento anche strutturale, in
particolare nella cupola. Fu aggiunta allora la cappellina di destra,
nella quale, insieme con quella di fronte, fu data conveniente
collocazione ai corpi dei santi traslati nella cattedrale da chiese
soppresse. La cappellina della Santa Croce prende il nome dal simbolo
cristiano per eccellenza collocato in evidenza sull'altare , al di
sopra di un gentile affresco raffigurante la Madonna col Bambino e San
Leonardo. L'affresco reca la data 1482: risale pertanto alle origini
del Santuario. Sotto la mensa dell'altare è il corpo del
beato
Giacomo Benfatti, teologo domenicano, professore
all'università
di Parigi, vescovo di Mantova nel delicato periodo di trapasso dalla
signoria dei Bonacolsi a quella dei Gonzaga. Festa, il 19 novembre. Per
volontà del vescovo Corti, il beato porta la stola di Don
Enrico
Tazzoli, il capofila dei martiri di Belfiore, che si era attivamente
interessato ai lavori del 1840. Nall'urna alla parete sinistra sono i
resti del beato Marco Marconi °(1480-1510), religioso nel
convento
dei Girolamini che sorgeva nell'area del Migliaretto; festa, il 21
febbraio. Nell'urna di contro, sormontata da un'immagine devozionale
modellata nel 1950 da mons. Luigi Bosio (cui si deve anche quella del
Beato Marco), i resti della terziaria domenicana Caterina Carreri, cui
la tradizione dà il titolo di Venerabile. La cappellina di
fronte è denominata di San Celestino o anche del beato
Giovanni
Bono, i cui resti sono sotto la mensa dell'altare. Giovanni, nato a
Mantova nel 1168, fino ai quarant'anni condusse una vita sregolata e
vagabonda come giullare; convertitosi, si ritirò in
eremitaggio
presso Cesena, per trasferirsi a Mantova in prossimità della
morte, avvenuta nel 1249. Appunto nel suo pio transito lo raffigura,
davanti alla Madonna col Bambino, San Celestino e altri santi, la pala
dell'altare, eseguita nel primo Ottocento dal mantovano Antonio
Ruggeri. La festa di questo beato cade il 16 ottobre. Le urne laterali
accolgono i corpi di due beati carmelitani, vissuti quasi
contemporaneamente nel convento di via Pomponazzo, e accomunati anche
nella festa, il 5 dicembre. Sono Bartolomeo Fanti e Battista Spagnoli.
Il primo, morto nel 1425, si prodigò nel diffondere il culto
eucaristico e la devozione alla Madonna. Il secondo (1447-1516),
più che per le indiscusse virtù è noto
come
umanista e poeta latino: in questa veste ebbe per tutto il secolo XVI
fama europea; chiamato "il Mantovano" per eccellenza, fu amico dei
maggiori letterati italiani; Erasmo da Rotterdam lo definì
"il
Virgilio cristiano" e alcuni suoi versi furono citati anche da
Shakespeare. Sopra l'altare centrale, come incorniciata da un'ancona
lignea del 1840 in cui si custodiscono numerose reliquie, è
l'immagine originaria della Madonna col Bambino, che fa di questa
chiesa uno dei santuari mariani della diocesi. L'immagine, a fresco,
è stata oggetto di ripetuti e non sempre felici interventi
di
restauro, sicché appare oggi di difficile datazione; in base
allo schema compositivo, che presenta particolari ancora riferibili
alla pittura bizantina, si potrebbe ipotizzare un'origine duecentesca.
Per un certo periodo e sino al 1840 la sacra immagine fu coperta,
all'uso orientale, da una lamina in metalli preziosi che lasciava
scoperti soltanto i volti; peraltro l'immagine stessa era visibile solo
in rare occasioni, essendo nascosta, insieme con il reliquiario
circostante, dietro un grande velario, commissionato dal venerabile a
Francesco Borgani e raffiguarnte la Santissima Trinità con
la
Madonna, cui Sant'Anselmo raccomanda la città di Mantova. La
tela è perduta; ma forse ne è rimasta traccia in
una
stampa ottocentesca. A destra dell'altare cenotafio con ritratto del
vescovo del risorgimento, Giovanni Corti, opera del mantovano Pasquale
Miglioretti; a terra, sepolcro di eleonora d'Austria, sposa del duca
Guglielmo Gonzaga, con i resti qui traslati dalla chiesa della
Trinità. Nella volta sopra l'altare e alle pareti laterali,
tre
affreschi del Ghisi e dell'Andreasino, eseguiti al tempo di quelli in
cattedrale e raffiguranti tre scene relative alla Vergine:
la Pentecoste, il suo Transito e l'Assunzione al cielo. Sotto
il
Transito, a lato della porta è la nera lastra sepolcrale del
marchese Bonifacio, padre di Matilde di Canossa. (Mons. Roberto
Brunelli)
https://santuarioincoronatamn.altervista.org/
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BUSCOLDO (CURTATONE) BEATA VERGINE MARIA DEL BUON CONSIGLIO
Poco fuori dal paese sulla vecchia strada per Mantova si
incontra il santuario dedicato alla Beata Vergine Madre del Buon Consiglio.
La costruzione della chiesa
è legata ad un fatto straordinario accaduto nel 1746.
Sul muro di una delle tante torri che costellavano la linea
difensiva del Serraglio vi era dipinta un'Immagine di Maria Vergine, detta
"della Torre", cui i Buscoldesi dedicavano particolare devozione. Il 28 agosto,
domenica, 1746 in presenza di una devastante mortalità del bestiame, unica
ricchezza di tanta popolazione, molti si recano ad attingere acqua nel fosso
dirimpetto all'Immagine di Maria ed il bestiame guarisce
"ed altresì molte persone inferme guarire dalle loro
indisposizioni".
E' un gran accorrere di gente proveniente anche da
lontano " venuti a piedi, a cavallo,
con carri e anche vascelli" per
prendere l' acqua miracolosa. L'anno seguente, come dice la lapide murata nella
chiesa, viene eretto un "sacellum" per riparare dalle intemperie l' Immagine
dipinta sul muro e accogliere qualche devoto in preghiera.


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Nel 1796 la torre dove è dipinta l'Immagine della Madonna
viene donata dalle Monache Agostiniane alla parrocchia di Buscoldo ed il parroco
don Giuseppe Tirelli chiede alle autorità austriache il permesso di costruire
una chiesetta; questa è terminata nel 1804 ed è congiunta con un voltone che
scavalca la strada fino al pozzo.
Nel 1938 la chiesetta versa in pessimo
stato ed il parroco don Luigi Placchi si accinge ad un restauro radicale su
progettazione dell' Ing. Guido Dall' Aglio.
E' ancora vivo nella memoria di
molti buscoldesi il ricordo delle "Visitatio Mariae"del 1954-55 e del 1988
quando l'Immagine della Madonna veniva portata nelle case dei buscoldesi e le
famiglie si consacravano al S. Cuore Immacolato di Maria.
Ancora adesso è molto sentito il legame dei buscoldesi con
La Madonnina ed il Signore solo sa quale abbondanza di grazie, per intercessione
della Madonna, ha concesso a quanti si sono rivolti e si rivolgono a
Lei.
I.B.
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CASTIGLIONE DELLE STIVIERE MADONNA
DELLA ROSA O GHISIOLA
Il santuario
della Madonna della Rosa
sorge nelle valli collinari e paesaggistiche del paese di Castiglione
delle Stiviere,
località della provincia di Mantova ricca di storia e di
altri edifici
religiosi di elevata importanza.
Si trova in località Ghisiola, per
questo i
cittadini l’hanno ribattezzata con il nome di chiesa della
Ghisiola, derivante
da chiesuola termine dialettale del mantovano.
È una chiesa antica
quella della Madonna della Rosa, risalente al 1450. La parte originale
infatti
si ricollega a questo spazio temporale e si caratterizza dalla piccola
chiesa
che ha solamente l’area presbiteriale e un altare nel quale
fino a poco tempo
fa vi si onorava la “Madonna con Bambino” di
periodo gotico.
Il completamento avvenne
nel 1600, grazie all’allungamento della navata avvenuto nel
secolo precedente,
la realizzazione della cupola, del campanile e di due abitazioni
laterali.
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Molti
sono gli affreschi
presenti al suo interno rinvenuti grazie al restauro messo in atto
negli anni
70 e 80 del 1900. Questi, insieme all’ambiente esterno
circostante alla chiesa,
sono richiamo di spiritualità e di riflessione per molti dei
fedeli che si
recano sul luogo per pregare e per dare un saluto al Signore e a Maria.
https://santuarioghisiola.altervista.org/
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CASTIGLIONE
DELLE STIVIERE SANTUARIO
DI SAN LUIGI GONZAGA

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Il
Santuario di S.Luigi Gonzaga, sorge sull’area
prospiciente la rocca gonzaghesca donata alla Compagnia
di Gesù dal fratello del santo, il marchese Francesco.
Fu con questo marchese, succeduto a Rodolfo, che il marchesato vide il
suo
maggior momento di splendore artistico, culturale e spirituale grazie
alle
nuove costruzioni e all’arrivo del nuovo Istituto Religioso.
Egli volle
chiamare nella città i padri gesuiti per una qualificata
formazione della
gioventù e per avere un memoriale vivente del fratello
santo, pure lui gesuita.
Quello che oggi è il Santuario nacque nel 1608 con la
costruzione della Chiesa
e dell’attiguo Collegio per i ragazzi. Contemporaneamente, a
200 metri di distanza, le
tre Nipoti di S.Luigi - Cinzia, Olimpia e Gridonia - in collaborazione
con i
padri gesuiti dettero vita al Nobile Collegio delle Vergini di
Gesù per
l’educazione delle ragazze di buona società.
Così attorno a quello che attualmente è il
Santuario, si trovava un polo
educativo di eccellenza e un centro di irradiazione spirituale e
culturale.
Quello che oggi chiamiamo il Santuario, comprendeva il Collegio dei
Gesuiti, la Chiesa e, in mezzo, un
ampio corridoio o galleria di accesso ad entrambi.
Il Collegio dei Gesuiti nel 1980 è diventato sede del
Municipio della città, la
galleria o corridoio è diventata nel 2006 la Sala don
Rinaldo e la Chiesa, con l’arrivo della Reliquia del Santo
nel 1610 divenne Santuario; nel 1968 fu elevata a Basilica minore da
papa Paolo VI.
Attualmente il Santuario di San Luigi è formato dalla
Basilica, dalla sacrestia settecentesca, dalla Sala don Rinaldo, da due
piccoli giardini e dalla casa rettoriale.
Santuario S. Luigi
Gonzaga
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CAVRIANA PIEVE
DELLA BEATA VERGINE MARIA
La
pieve di S. Maria sorge poco discosta
dall’attuale centro abitato di Cavriana, su una piccola
propaggine collinare
delimitante la pianura mantovana. Attualmente il tempio è
dedicato alla Madonna
Immacolata. Scarse e incerte sono le informazioni sulle origini di
questo monumento.
Secondo gli studiosi, la pieve veniva iniziata nell'anno 1195, ma la
documentazione permette di anticipare le date per l’esistenza
di un edificio di
culto con fonte battesimale e già denominato pieve
(diploma di Corrado
II dell’anno 1037, in
cui compare la dicitura “pieve di Capriana”).
Altri documenti, sempre
dello stesso secolo, elencano, tra i luoghi sottoposti alla
giurisdizione del
vescovo di Mantova, anche la pieve di Cavriana (documenti del 1045 e
del 1055,
in cui l’imperatore
Enrico III precisa che la chiesa è fra i possedimenti
privati del vescovo di
Mantova). Secondo altre ipotesi, questa primitiva chiesa sarebbe stata
edificata dai monaci della potente abbazia di S. Benedetto di Leno,
proprietari
di una corte qui dislocata, con il materiale prodotto da una vicina
fornace
... già attiva in epoca romana. La testimonianza a favore di
questa
opinione sarebbe stata individuata su una tegola di epoca romana,
murata all’esterno
della chiesa, riportante due incisioni: “M D N”
(che dovrebbe significare “Maria
Dominae Nostrae”) e “M C X”
(che starebbe a indicare l’anno della
consacrazione, 1110 appunto). La pieve di S. Maria fu comunque la prima
chiesa
parrocchiale di Cavriana.
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Nel XIV secolo, forse per volere di un facoltoso
signore locale, si provvedeva
ad arricchire la chiesa di nuove strutture architettoniche, come un
nuovo
portale e la statua della Madonna della Misericordia del 1332. Altri
interventi
di restauro venivano poi realizzati nei secoli ancora successivi (nel
XVI
secolo sistemazione delle finestre, rifacimento del portale ligneo e
recinzione
in muratura dell’area cimiteriale). Nel XVII secolo (1676),
la pieve perdeva le
sue prerogative di chiesa battesimale a favore della nuova
parrocchiale,
denominata S. Maria Nova in Castello. Sempre in questo periodo,
probabilmente a
seguito delle nuovi mansioni religiose stabilite per
l’edificio (era diventata
chiesa conventuale aggregata alla compagnia della S.S. Crocifissione)
si
iniziavano i lavori per il rifacimento dell’area absidale.
Verso la metà del XVIII secolo furono intrapresi dei lavori
per la costruzione
del coro. Vennero pure aggiunte due cappelle laterali. In quella stessa
occasione veniva rifatto il portale e demolita la zona absidale.
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Il
campanile di questa antica pieve sarebbe opera del XIV secolo,
contemporaneo
alla realizzazione dell’attuale portale occidentale (1332). e
alla scultura
marmorea della Madonna della Misericordia, ora collocata internamente
al centro
dell’abside maggiore. In epoca barocca (XVIII secolo) il
campanile veniva
nuovamente restaurato e riportato alle attuali forme negli anni 1953-55.
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L’edificio,
oggi visibile su tutti e quattro i lati, si presenta a pianta
rettangolare terminata a est da tre absidi semicircolari con le due
laterali di
eguale dimensione e la centrale più grande mentre a
ovest presenta un semplice tetto a doppio spiovente. Le coperture sono
in
coppi. Sullo spigolo sud-est si innalza entro il perimetro della chiesa
il
campanile, privo di aperture salvo per la cella campanaria che prende
luce sui
quattro lati da altrettante bifore sostenute, al centro, da una colonna
composita in mattoni, sormontata da un capitello a gruccia in pietra
bianca
piuttosto sporgente dal livello delle murature. La terminazione
superiore è
formata da quattro pinnacoli angolari e alla sommità ha un
cono rovesciato. Gli
archi delle bifore hanno una cornice modanata.
I materiali impiegati in questo edificio sono di eguale tipologia su
tutti e
quattro i lati e sono costituiti per la maggior parte in laterizio di
vario
tipo: prevalgono mattoni di diversa dimensione, assemblati a fasce
orizzontali,
verticali o a spina di pesce, in disomogenea alternanza con frammenti
di coppi
per lo più posti a spina di pesce (distinguibili per il
leggero
arrotondamento). Questi laterizi variano notevolmente nel tipo di
arenaria
impiegato; ve ne sono di color rosso sangue, altri più
rosati e altri ancora
che assumono varie tonalità di ocra, fino al giallognolo.
https://santuariopievecavriana.altervista.org/
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CERESARA SANTUARIO
DELLA MADONNA DELLA POSSENTA
L’Oratorio
della
Madonna della Possenta almeno quattro secoli fa era già
degno di speciale
menzione ed il culto alla Vergine era tale da esigere la presenza di un
Sacerdote che vi fungesse da Rettore. Possiamo quindi asserire che,
molto tempo
prima, l’Oratorio attirava folle di devoti per implorarvi lo
speciale
patrocinio di Maria.
La
leggenda del pozzo
Si
narra che “in tempi remoti alcuni
malandrini infestavano la
campagna. Si introdussero di notte nell’umile chiesa della
Possenta per far
bottino dell’oro e dei gioielli che ornavano in abbondanza
l’immagine della
Madonna. Ma alcune collane s’impigliarono nel braccio della
statua. I
malandrini allora, spezzatolo, lo gettarono nell’asciutto
pozzo vicino. Al
tocco del braccio benedetto, dal fondo arido, scaturiva una sorgente di
acqua
limpida e fresca come polla alpina.
E da allora, per istintiva tradizione
popolare quell’acqua
veniva bevuta con fede per invocare guarigione dai mali fisici anche i
più gravi ed ostinati, e
come incoraggiamento e conforto degli spiriti deboli. A quell'acqua
ricorrevano anche le mamme che invocavano dalla Madonna di poter
assicurare l'allattamento delle loro creature". Si trova anche nella
tradizione scritta questa accoglienza delle "mammine giovani":
"Voi,
mammine
giovani e mamme fatte esperte ma ancor
trepidanti, avete trovato l’ancora della vostra
speranza…… ricorrete con fede
alla Madonna della Possenta, recatevi da Lei, pregate, implorate,
dissetatevi
con l’acqua sua benedetta e non sarà
invano….. e allora? Oh, allora! Gioiose e
felici “in dolce atto d’amore” stretto al
seno il figlio vostro fatto robusto e
sano perché nutrito da voi, dalla stessa vostra carne,
dimentiche delle ansie e
delle rinunce che la maternità, ben intesa, richiede,
infinitamente
riconoscenti, schiuderete cuore e labbra, per l’alta,
fervente parola: Ave
Maria! Di Grazia piena!".
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Oratorio
e Simulacro
Nessun
documento storico dà con chiarezza l’atto di
nascita dell’"Oratorio
della Possenta". Risulta invece molto bene che la devozione
alla Vergine era largamente sentita e
praticata in Ceresara prima del secolo XV, specialmente per merito dei
Servi di
Maria che vi tenevano il fiorente Convento ove entrò
giovinetto il Beato Angelo
Macrini.
Il più antico documento che ci ricorda l’Oratorio
della Possenta si trova
nella prima Visita Pastorale compiuta alla Diocesi di Mantova dal
Vicario
Generale Mons. Francesco Marno, Delegato dal Card. Ercole Gonzaga, il
giorno 9
ottobre 1544.
A quell’epoca dunque la chiesa esisteva ed aveva il suo
Rettore.
Altre notizie sulla probabile epoca di erezione dell’edificio
si desumono dalle
linee architettoniche.
L’interno rivela due corpi di fabbricato nettamente distinti
e
diversi: il presbiterio con arco leggermente acuto e la navata con arco
a
botte. Il presbiterio con archi ogivali quasi tondi ci riporta nella
prima metà
del secolo XV e precisamente verso il 1430, mentre la navata e la
relativa
facciata barocca ci attardano di tre secoli.
La facciata di
stile
barocco non lascia dubbio sull’epoca settecentesca della
costruzione.
Tinteggiata nel 1936, fu munita di un affresco centrale –
l’Annunciazione del B. Angelico – a tinte piuttosto
forti e paesane.
La parte più interessante - dal lato artistico –
è la più antica: l’attuale
presbiterio.
A pianta quadrata, la volta poggia su forti pilastri aiutata
diagonalmente da
archi ogivali ricongiunti nel centro dal monogramma gotico di
Gesù circondato da
una cornice tortile. Le vele e le pareti no risultano affrescate.
Addossato alla parete centrale è l’Altare in cotto
sormontato da due gradini e da
un’ancona a due lesene con trabeazione e timpano. Nel centro,
in una nicchia a
tutto sesto, poggiata su duplice piedistallo, la statua della Vergine.
La Madonna sorregge sulle ginocchia il Bimbo che stringe nella sinistra
un
uccellino.
Non è inutile descrivere la varietà dei colori
onde era
dipinta prima dei molteplici restauri. Il manto in blu scuro, la veste
in rosso mattone, i capelli
color dell’abito e la veste del manto, listati da una duplice
linea di
simpatica porporina! Questo alla superficie.
Ma nel corso dei secoli quanti pennelli con la buona volontà
di renderla
migliore peggiorarono e linee originali addossandovi strati densi di
colore.
Il
nuovo altare
Quello vecchio, in gesso e calce,
d’architettura rozza,non presentava segno di
nobiltà alcuna, sia nelle parti che nell’insieme.
Era di quelli che fanno,
tutt’ora, indecorosa mostra, in t’alunne delle
nostre chiese rurali, oratori e
parrocchiali, e che parlano attraverso la vicenda dei tempi
più di ristrettezze
economiche che di negligenze di spiriti.
Due giovani sacerdoti, il dott. Don
PioPottenghi, Rettore del Santuario e don
Luigi Bosio, Parroco di Ceresara, idearono di innalzarne uno nuovo, in
marmo e
artistico, confidando nella generosità di queste popolazioni
educate alla fede
religiosa e devote alla "Vergine Potente"; o "Vergine
Possente" e, alla fine, la "Possenta".
Del nuovo altare, si trova la
seguente descrizione : "la predella in rosa corallo, i
riquadri
del paliotto e dei fianchi, sagomati e
incassati di verde Foresta, il tabernacolo, le colonne erette sui
gradini della
Mensa ai lati della nicchia dove riposa la venerata Immagine, i
capitelli,
l’architrave e il frontone che, in lato, fanno compimento,
rappresentano un
complesso architettonico di classico aspetto, armonioso nella
compostezza delle
linee e nell’equilibrio delle masse. I marmi policromi fanno
leggiadramente
salire le loro note moderate e raccolte sulla pallida e pur calda tinta
del
botticino pergamenato, che va a costituire la fondamentale struttura di
tutte
le parti.
Aggiungeremo che gli angioli, dal Venturini steso scolpiti in bianco
statutario, disposti in corona all’arco della nicchia e la
porticina del
Tabernacolo formano due particolari meritevoli di più
diligente attenzione.
La porticina è lavoro dello stesso don Luigi Bosio: egli,
con passione e
finezza d’arte, è riuscito a raffigurare sulla
faccia esterna, in bassissimo
rilievo, un Cristo, reggente il calice contro il petto, dal volto e
dall’atteggiamento soffusi di alto misticismo.
Ai lati (destro e sinistro) si leggono iscrizioni latine che
tradotte dicono:
- (1)
sostieni, fra tanti
affanni , i trepidi cuori, dei fratelli, o Madre, frena le folli ire,
tutti
riconduci alla desiderata pace di Cristo.
- (2) in onore della Vergine Potente Domenico Menna, Vescovo di
Mantova, lo
consacrò il 24 marzo dell’anno del Signore 1941.
(cfr. “numero
unico” opuscolo “La Madonna della
Possenta”, marzo del
1941).
https://santuariodellapossenta.altervista.org/
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CERETA SANTUARIO DELLA MADONNINA DI MEZZACAMPAGNA
CASALMORO
CHIESA
DELLA PRESENTAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA AL TEMPIO DETTA DEL DOSSO


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Il nome di
Casalmoro è strettamente legato al Santuario della Madonna
del Dosso (la
costruzione attualmente visibile è del XVIII secolo) anche
per l’intreccio di
leggende e forme di devozione popolare sviluppatesi attorno alla
piccola chiesa
che sorge ai margini occidentali dell’abitato, sulla
sommità di un’altura
artificiale. Nessun documento precisa l’anno in cui fu
collocata la prima
pietra (nell’archivio della parrocchia una relazione sui
luoghi di culto del
paese, del 674, menziona già la chiesa della Madonna del
Dosso), né si può
conoscere con precisione quel che era l’antico aspetto del
santuario in quanto
quello attuale è il risultato di una ricostruzione iniziata
nel 1780, come attesta
un’iscrizione nella sagrestia. Al termine di
un’ampia scalinata, la chiesa
colpisce per le belle proporzioni del gusto neoclassico del tardo
Settecento
lombardo. La facciata, preceduta da un portico a tre arcate,
è scandita da
quattro grandi lesene e culmina in un timpano triangolare.
Nell’interno, dove
si trova il menzionato sarcofago romano della famiglia Aurelia, prevale
invece
la ricchezza barocca: colore dominante è il bianco luminoso
e le colonne
fortemente sporgenti a fasce o isolate, movimentano il disegno
dell’unica
navata. Il quadro della Beata Vergine del Dosso, del 600, si trova sul
presbiterio: le fattezze della Vergine sono tratte dalla Madonna con il
Figlio
riposta nella nicchia absidale. Meta devozionale (durante la
festività del 21 Novembre)
il santuario è inserito nel percorso giubilare della
provincia di Mantova.
https://santuariomadonnadeldosso.altervista.org/
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FONTANELLA GRAZIOLI CASALROMANO SANTUARIO
DELLA MALONGOLA
La frazione
di Fontanella Grazioli del comune di Casalromano ospita un luogo di
culto di
estremo interesse storico e religioso: il santuario della Beata Vergine
della
Malongola.
La parte
più antica del santuario, l'attuale abside, è
stata costruita verso il 1200
dove è stato collocato il dipinto su legno raffigurante una
Madonna con Bambino.
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Secondo la
tradizione popolare che ha dato vita al culto mariano nella zona,
durante il
medioevo un contadino stava ritornando dal lavoro dei campi e si
accingeva a
guadare un corso d'acqua (la Malongola) quando dalla
melma affiora il quadro della
Vergine. Proprio nel luogo esatto dove è stato ritrovata
l'mmagine sacra gli
abitanti di Fontanella hanno deciso di costruire un santuario che con
il
passare dei secoli ha assunto notevole importanza religiosa.
Durante la tristemente famosa peste manzoniana del 1630 la Malongola
venne adibita
a Lazzaretto e le sue belle pareti affrescate vennero ricoperte di
intonaco che
nascose e in parte rovinò le preziose pitture.
Nel
1816 il
santuario divenne nuovamente lazzaretto a causa
di una nuova
pestilenza ma è nel 1822 che la gente del luogo invoca
l'intercessione della
Madonna per porre fine ad un lungo periodo di siccità e
carestia. Dopo la
processione con il quadro della Malongola cadde una pioggia abbondante
e
successivamente il santuario divenne meta di pellegrini che chiedevano
alla
Vergine di prevenire mali e disgrazie. Oggi il santuario è
stato completamente
restaurato e si presenta con un'unica navata con soffitto a quattro
capriate.
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Sulle pareti si
possono ammirare affreschi cinquecenteschi tra i quali spicca
una madonna in trono che regge sulle ginocchia il Bambino.
Un
altro affresco rappresenta la natività con san Giuseppe e
Maria
inginocchiati in segno di devozione e in lontananza un albero singolare
(probabilmente il "mazzo" la pianta che, ogni prima domenica di
maggio in occasione della festa della Madonna della Malongola, viene
offerta
alla Vergine e innalzata sul sagrato della chiesa).
Altri
affreschi ben conservati si possono notare sopra la porta che conduce
al
campanile e nell'abisde: la deposizione e Cristo in Croce. Soprattutto
l'abside
è ricca di dipinti datati 1392 di rara bellezza artistica
con una madonna in
trono, santi e un Cristo Glorioso di ispirazione bizantina. Il
santuario della
Malongola è stato inserito tra i luoghi di culto mariani da
visitare in
occasione del Giubileo del 2000.
https://santuariomalongola.altervista.org/
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BARBASSOLO
DI RONCOFERRARO
SANTUARIO DEI SANTI COSMA E DAMIANO O DELLA SALUTE


tabernacolo gotico

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La chiesa parrocchiale di Barbassolo
ha antiche origini; studi
recenti la fanno risalire a poco dopo il
Mille. Nel tempo ha subito interventi di vario genere e ampliamenti, ad
esempio
il presbiterio è stato ampliato nel '700, ma erano state
aggiunte pure nicchie
che in seguito sono state tolte. Negli ultimi anni sono stati eseguiti
numerosi
lavori per riportarla al suo stile originale e per consolidarne la
struttura.
Ora si presenta raccolta, semplice e di richiamo per molti.
Una nota particolare merita la pala
dell'altare, un quadro del '700 di buona
fattura che potrebbe racchiudere un po' di storia della parrocchia.
Questa pala
rappresenta infatti la Madonna
del Carmine con due santi carmelitani e i due santi patroni della
parrocchia,
Cosma e Damiano. Questo accostamento, e la tradizione che vuole la
festa della
Madonna del Carmine come sagra della frazione, hanno fatto pensare che
per un
certo tempo ci sia stata la presenza di una piccola comunità
di carmelitani,
che avrebbero introdotta la devozione alla Madonna del Carmine, pur
lasciando patroni i
Ss. Cosma e Damiano,
medici martiri e protettori di medici, farmacisti e di quanti operano
nella sanità. Isolata in una conca appartata del paese,
è
di forte suggestione nelle sue murature romaniche. Nel paramento di
facciata emergono due anfore romane; in genere è percepibile
la
muratura a secco, colma di calce mista a embrici e anfore romane,
perché il corso dei mattoni è spesso interrotto
dallo
sporgere informe di talune parti. Il campanile, di poco posteriore alla
chiesetta, ha la cella campanaria chiaramente più tarda. Due
pilastri angolari in cotto riquadrano la facciata con finestrella
cruciforme e sottostante bifora; forse esisteva anche un protiro. I
paramenti murali laterali sono coronati da archetti pensili, alternati
a paraste e sormontati da cornici a dentelli più tarde.
L'interno riceve luce da sei monofore (due sono originali). La navata
unica con copertura a capriate, nella quale è inserito un
ornatissimo tabernacolo tardogotico, si apre su un presbiterio a volta
ribassata e a chiusura rettangolare, databile al secolo XVI, con
cornice e paraste. Nella muratura a vista si distinguono quattro
riquadri affrescati sulla parete di fondo che presentano i quattro
evangelisti, a mezzo busto: possono essere datati alla fine del secolo
XVI. Al centro una tempera di stile mantegnesco presenta la Madonna col
Bambino e i Santi Cosma e Damiano, con i carmelitani Alberto e Angelo.
Sulla parete sinistra del presbiterio una tela con la figura della
Beata Osanna è di ignota fattura, datata 1749.
Negli ultimi
anni, il Vescovo Egidio
Caporello ha riconosciuto la chiesa e
le sue tradizioni popolari dichiarandola "Santuario
Diocesano",
particolarmente caro a medici, farmacisti e più
ampiamente al mondo della sanità e di quanti si dedicano
alla
pastorale sanitaria, che venerano i protettori Santi Cosma e
Damiano e presso il Santuario promuovono spesso giornate e convegni di
studio e
preghiera.
Il
Santuario dei Santi Cosma e Damiano è noto anche
come "Santuario dei 2
pozzi": un primo pozzo sostiene infatti la mensa dell'altare, un
secondo
pozzo nel Sagrato offre invito a relazioni umane. Si chiamano
rispettivamente "Pozzo dell'Amore" e
"Pozzo dell'Amicizia". Il Sagrato si distende in un uliveto rialzato
su piccolo e dolce dosso.
Il Santuario
è dotato di sala
convegni.

https://santuariobarbassolo.altervista.org/
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PELLALOCO SANTUARIO DI SANTA RITA

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La
chiesa parrocchiale è dedicata a San Rocco. Di una prima chiesa
privata eretta alla fine del 1400 dai nobili Malatesta De' Terzi,
rimane solo la descrizione della triste decadenza (1718).
Quindi
la sollecitazione al titolare del giuspatronato (proprietario con
diritto di scelta del sacerdote) marchese e Giovanni Girolamo
Spolverini, di ricostruire il Tempio, oratorio e sacrestia.
I
lavori sono durati dal 1728 al 1735. Curata e restaurata con attenzione
lungo lo scorrere dei tempi, la parrocchiale risulta ancor oggi di
aspetto gentile ed accogliente. Al suo interno, una statua di Santa
Rita donata da Angelina Arcari il 22/5/1930 in segno di particolare
devozione, continua a suscitare devozione fino a sollevare Pellaloco a
notissimo e frequentatissimo santuario.
http://santuariosritapellaloco.altervista.org/
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VILLIMPENTA SANTUARIO DELLA MADONNINA
SAN BENEDETTO PO SANTA MARIA IN VALVERDE (proprietà privata)
GONZAGA BEATA VERGINE MARIA DEI MIRACOLI
OSTIGLIA BEATA
VERGINE MARIA DELLA COMUNA
Il
santuario della
Comuna si raggiunge lasciando la statale dell'Abetone-Brennero poco a
nord di
Ostiglia e percorrendo, per qualche chilometro, una strada pensile che
attraversa una campagna un tempo paludosa ed ora assai fertile.
Attualmente è retto da una comunità dei "Fratelli
di San
Francesco", ed è meta quotidiana di pellegrinaggi comunitari
e
personali.
Fino al 1784, come l'intera parrocchia di Ostiglia, il santuario era
soggetto
al vescovo di Verona,
che vi effettuava periodiche visite: l'allargamento dei confini del
territorio
gonzaghesco fino al corso del Tartaro, nel momento di trapasso dalla
signoria
degli Scaligeri al dominio della Serenissima, non fu, infatti,
accompagnato da
analoga modificazione dei limiti della diocesi. Il santuario fece
quindi per
secoli da centro di coagulo della devozione popolare sia per le genti
della
bassa pianura veronese sia per i paesi attigui del Mantovano e del
Rodigino, ed
ancor oggi svolge questa funzione.
Prima di essere interamente ricostruito nelle forme che oggi ammiriamo,
esso
era designato con la denominazione di "Oratorio della Beata Vergine del
Cason". Alle sue origini troviamo, come per molti altri santuari,
un'apparizione. La tradizione racconta, infatti, che ad una pastorella,
muta
dalla nascita, si manifestò, sospesa in una nuvola di luce
sopra un salice, la Madonna, che le
donò la
parola ed espresse la volontà di essere venerata in quel
luogo. I numerosi
prodigi che seguirono l'apparizione fecero sì che venisse
qui costruito un
luogo di culto. I resti di un affresco di modesta fattura, ancora
visibile
sulla lunetta dell'antica porta e raffigurante San Martino
che dona il
proprio mantello al povero, nonché una Madonna
fra i santi Antonio e
Lucia, opera strappata dalla parete interna e ora collocata
nel
presbiterio, rimandano appunto alla prima costruzione.
Su quest’edificio, ormai inadeguato rispetto all'importanza
assunta dal
santuario come luogo di devozione mariana, s’intervenne nella
prima metà del
XVI secolo, per costruirne uno nuovo nelle eleganti forme che si
possono ancora
vedere.
Nel 1533, come riferisce il Caiola nel suo Ostiglia nella
storia, dopo
aver ottenuto I'assenso del vescovo di Verona, Gian Matteo Giberti, si
diede
inizio ai lavori, che furono conclusi senza difficoltà.
La stessa intitolazione del santuario da allora mutò in
"Madonna della
Comuna", perché soggetto al comune, che intervenne
cospicuamente nelle
spese assieme a molti anonimi devoti. Tutto avvenne inoltre a
protezione di
Federico Il Gonzaga il cui nome appare inciso in lingua latina
– ma forse si tratta di
un’iscrizione non coeva – sullo stipite sinistro
del portale d'ingresso: ("Anno
1533, sotto il governo di Federico Il Gonzaga, marchese di Mantova e
primo duca, consacrato a S. M. Vergine").
Se la tradizione che vuole Giulio
Romano estensore del progetto da un lato
risulta inaccettabile e non suffragata da alcun indizio documentario,
dall'altro ci testimonia che la costruzione non è priva,
soprattutto nella
struttura interna, di una sua dignità architettonica, alla
quale il trascorrere
del tempo non ha portato sostanziali modifiche.
La facciata è suddivisa, nella parte inferiore, da paraste
con capitelli dorici
che inquadrano le tre porte e le due finestre e reggono
un’elegante
trabeazione. La protegge un porticato, rifatto nel 1826, ma che
probabilmente
costituisce un'aggiunta all'originaria costruzione. L'interno
è diviso in tre
navate da due serie d’archi a tutto sesto sostenuti da
pilastri in pietra.
Sopra di essi s’innalzano le pareti della navata centrale,
ripartita da paraste
che separano le pseudofinestre timpanate. Conclude il tutto un soffitto
a
cassettoni in legno, decorato con girali e rosoni.
Il tratto presbiterale è separato dalla zona plebana da tre
archi che
costituiscono il naturale raccordo con quelli delle navate. Al suo
interno,
sopra l'altare maggiore, sta la miracolosa immagine riprodotta in tante
stampe
e statuine devozionali: la Madonna in trono con le
prerogative regali - la corona e lo
scettro - ed il Bambino che regge nella sinistra il globo terrestre.
Stando
alla tradizione sarebbe stata ricavata dal legno dell'albero sopra il
quale la
Vergine apparve alla
pastorella.
La affiancano le statue in pietra di san Zeno, protettore di Verona, e
di Sant'Anselmo, vescovo di Mantova, a testimonianza di quanto si
è detto circa il
convergere sul santuario degli interessi di ambedue le province. Sono
entrambe
opere dello scultore veronese Michelangelo
Speranza, apprezzato allievo di
Domenico Aglio. Da qualche officina veronese è uscito pure
l'altare - opera per
altro di normale artigianato - come si desume chiaramente dalla foggia
e dai
marmi impiegati.
La singolare devozione alla Madonna della Comuna trova conferma in
alcuni ex-voto
(certamente una parte esigua rispetto ai molti pro- dotti nel tempo) e
nelle
relazioni delle visite pastorali. Alla sua protezione si rivolgevano
non solo i
pellegrini provenienti dalle diverse località, ma anche la
comunità di Ostiglia
nei momenti calamitosi, e in special modo in occasione delle piene del
vicino
Po.
La cronaca ci ha tramandato che nel 1616, quando, per le ininterrotte
piogge,
questo fiume minacciava di travolgere gli argini ed inondare il paese,
una
processione di seimila persone, guidata dal clero e dai reggenti del
Comune, si
recò a supplicare la Madonna,
ed una sua immagine fu collocata in una cappella eretta di fronte al
Po. Tanto
bastò per far cessare le piogge e far tornare il sereno nel
cielo e dentro gli
animi trepidanti dei fedeli.
Di una solenne processione che si teneva ogni venticinque anni e,
partendo dal
santuario, giungeva alla chiesa parrocchiale, con percorso di oltre tre
miglia,
riferisce don Pietro Garzotti, arciprete abate di Isola della Scala
e cultore di storia.
Come accadeva e accade spesso, la cerimonia religiosa diventava anche
festa
popolare, e ad accompagnare la processione intervenivano le bande
musicali dei
paesi più vicini.
La gratitudine di quanti consideravano esaudite le loro suppliche
trovava
tangibile espressione poi in ex-voto di
diversa fattura: cuori in lamina
d’argento, quadretti di tela ricamata con fiori e la sigla
P.G.R. (Per Grazia
Ricevuta), ingenui dipinti su tavola che descrivono con
essenzialità e secondo
un linguaggio convenzionale la vicenda miracolosa.
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Di ex-voto di
quest'ultima categoria, che ovviamente risultano i più
interessanti, sono sopravvissuti poco più di una decina di
esemplari, appesi
alle pareti del presbiterio fino a qualche anno fa ed ora custoditi
altrove. In
basso viene visualizzato l'episodio (la caduta da una scala, un
incidente sul
lavoro, l'incontro con dei briganti e sopra appare l'immagine della
Madonna,
talora affiancata da altre figure sacre legate a cuIti di vasta
diffusione,
quali Sant'Antonio e San Vincenzo Ferrer.
"L’illustrazione
figurativa - scrive A. Ghirardi che di recente si è
soffermata ad analizzare queste testimonianze di pietà
popolare -riferita alle
fogge dell'abbigliamento, agli arnesi agricoli, alle abitazioni rurali,
tanto
nel loro aspetto esterno che nell'arredo interno, conferisce alle
tavolette
votive un notevole interesse etnografico come fonte di puntuali, rare
informazioni sulla vita, sui mestieri, sulle usanze della classe
contadina".
Accanto a queste testimonianze ve n'è un'altra, su tela, che
in ragione della
committenza e dell’autore potremmo definire di estrazione
colta. Si tratta di
un dipinto fatto eseguire dall'ostigliese Girolamo Galvagnini
(1688-1748)
guarito da una forma di tubercolosi che colpisce le ghiandole
linfatiche.
Oggi la tradizione degli ex voto è sostanzialmente cessata,
ma non la
devozione alla Madonna della Comuna. Tanto più da quando - a
ventina di anni fa
- il santuario è diventato sede di una comunità
di Francescani che ne hanno
vivificato la forza di attrazione.
http://www.santuariodellacomuna.altervista.org/
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GIOVANNI PAOLO II
PREGHIERA DELL'ANGELUS DALLA TORRE DELL'OROLOGIO
MANTOVA 23 GIUGNO 1991
Maria, Vergine Madre di Dio, mai nessuno è ricorso invano al
Tuo
aiuto! Lo testimoniano i segni del Tuo provvidenziale intervento nel
popolo cristiano. Parla di Te la pietà popolare
così
radicata e forte anche qui a Mantova, dove, secondo un'antica
tradizione, sarebbe nata la pratica del "Mese di Maggio". Lo provano i
Santuari, le Chiese e le Cappelle che in queste contrade sono state
innalzate numerose in Tuo onore.
Tra questi eloquenti monumenti di una secolare devozione si distinguono
la Cappella della Beata Vergine Incoronata nella Cattedrale di Mantova;
il Santuario della Beata Vergine delle Grazie; e quello della Madonna
della Comuna, presso Ostiglia. E nell'ambito della Diocesi, i Santuari
della Madonna della Pieve, presso Cavriana; della Madonna del Dosso,
presso Casalmoro; della Madonna della Possenta, presso Ceresara; della
Madonna della Malongola, presso Casalromano.
Parla di Maria anche il "Palazzo della Ragione" con questa antica Torre
dell'Orologio, in cui è collocata la statua dell'Immacolata.
E'
proprio da qui che mi rivolgo a voi. Allargando lo sguardo da questa
storica Piazza delle Erbe all'intera città, il pensiero si
rivolge a tutti voi, cittadini di Mantova e della Diocesi mantovana,
per ricordarvi che la vostra quotidiana esistenza è
accompagnata
e segnata dalla protezione della Madre di Dio. Maria veglia sulle
vostre famiglie, sulle vostre occupazioni. Veglia su coloro che ogni
giorno convengono in questa piazza anche dal contado per le loro
attività lavorative e commerciali.
Maria benedica soprattutto chi soffre! Penso agli ospedali, agli
Istituti Geriatrici, alla Casa Circondariale ed alle molteplici
istituzioni assistenziali della vostra Città e provincia.
Estendo questi stessi sentimenti di solidarietà alle
famiglie
provate da qualsiasi forma di sofferenza. Ricordo, tra l'altro, quanti
giungono per migrazione forzata da altri Paesi in questa terra
mantovana e proprio in questa piana.
Invito tutti a rivolgere fiduciosi gli occhi verso Maria, la quale non
cessa di mostrarsi Madre "in questi anni difficili per la Chiesa, per
ciscuno di noi e per l'intera umanità" (Atto di affidamento a Maria,
Fatima 13 Maggio 1991).
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